Il turismo esperienziale nei territori della nocciola: un’esperienza unica, memorabile e irripetibile

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la Redazione
14 luglio 2022

Rosario D’Acunto, presidente dell’Associazione Nazionale Città della Nocciola, racconta i progetti e gli obiettivi puntando a far vivere ai turisti-consumatori esperienze professionalizzate come protagonisti, in un intreccio narrativo dove il territorio diventa palcoscenico

 “Si può parlare di turismo esperienziale solo quando i local coinvolgono i consumatori in un’avventura, un’impresa ancorata al Genius Loci”. Sono le parole di Rosario D’Acunto, presidente dell’Associazione Nazionale Città della Nocciola. Per comprendere come nasce il turismo esperienziale, spiega, è opportuno richiamare una statistica relativa all’era pre-covid, realizzata grazie ad un’indagine di Tripadvisor, che ha evidenziato una tendenza netta di domanda di turismo di esperienze. Più del 55% degli intervistati ha dichiarato di desiderare di vivere esperienze interessanti ed uniche; e buona parte di questi ha affermato di volersi calare nella vita e nella cultura reale dei territori. Il consumatore, quindi, diventa lui stesso produttore dell’intrattenimento. Avanza per cui, nell’era pre-covid, una nuova forma di turismo, il turismo esperienziale, che si manifesta laddove i turisti “mettono le mani in pasta”, seguendo i propri gusti e le proprie passioni. “Le passioni, però – ha spiegato D’Acunto – creano relazioni. Le relazioni suscitano emozioni. E le emozioni creano memorabilità. Di conseguenza nascono la fidelizzazione, il marketing del ritorno e la trasformazione. Dopo aver vissuto un’esperienza in una località, infatti, si ritorna a casa trasformati, essendo stati coinvolti dal punto di vista delle proprie passioni e avendo vissuto emozioni memorabili. Per capire questo fenomeno – ha sottolineato – bisogna richiamarsi alla curva di Kuznets, che spiega come con il consumismo, con il denaro,  non si sia raggiunta le felicità, ma come anzi, molto spesso le persone siano sempre più insoddisfatte e depresse”. Si delinea quindi chiaramente uno scriptum cambium, che non è affatto una banalità: per essere realmente felici, le persone hanno bisogno non di beni materiali, ma di “beni relazionali”. Quando il reddito raggiunge un determinato livello, in sintesi, una volta soddisfatti i bisogni di base, la felicità cala, perché c’è sempre meno tempo per le relazioni. La società più che di beni privati ha bisogno dunque di beni relazionali. Ed il turismo esperienziale produce beni relazionali. Purché l’esperienza sia professionalizzata e legata indissolubilmente al genius loci di un territorio. Il vero turismo esperienziale, quindi, coinvolge le comunità locali, crea relazioni sulla base delle passioni e suscita emozioni. “L’esperienza – ha rimarcato D’Acunto – rappresenta una soddisfazione sia per chi la eroga sul proprio territorio, sia per chi la vive e quindi per i turisti che diventano local, e sia per la comunità locale, in quanto quel genius loci rischierebbe di essere dato per scontato, di restare anonimo o addirittura di essere dimenticato e di uscire dal patrimonio della stessa comunità. Allestendo quindi un’esperienza in modo professionale – ha aggiunto – si crea un bene per i turisti che lo richiedono, per i locali che lo erogano e per la comunità che ha la possibilità di far rivivere il proprio genius loci”. 

Ma l’allestimento di un’esperienza richiede di bandire improvvisazione, pressapochismo e superficialità: diventa quindi fondamentale le figure professionali dell’Operatore di turismo esperenziale (OTE). La professionalizzazione del turismo esperienziale si sta ampliando in Italia grazie al Disciplinare Storyliving Experience definito dal Progetto Artès. L’OTE crea, allestisce ed eroga palinsesti esperienziali puntando sui vari tematismi del genius loci: il food, l’arte, l’artigianato, la cultura, la storia, la spiritualità, la natura,  ecc. 

“Bisogna chiedersi – ha evidenziato D’Acunto – per chi si produce l’offerta. Essendo l’esperienza la nuova frontiera del lusso, il cliente alla quale è rivolta è di livello medio-alto, sia dal punto di vista economico che culturale. Produrre esperienza vuol dire quindi produrre un prodotto innovativo e dare vita ad un’offerta distintiva, mettendo in rete il territorio. L’esperienza, infatti, non si eroga mai in solitudine, ma attraverso il coinvolgimento del territorio”. 

Come per il vino o per l’olio, ha spiegato ancora D’Acunto, funziona per la nocciola. 

“Il cibo rappresenta l’italianità ed è quindi un notevole attrattore. Il rischio è quello di appiattirsi sulla ristorazione sic et simpliciter e di creare bellissimi borghi e di effettuare restauri di pregio, ma senza allestire intrattenimento esperienziale. Per quanto riguarda il mondo della nocciola – ha specificato – l’Associazione Nazionale Città della Nocciola, in collaborazione con il progetto Artès (acronimo di Animazione Relazione Turismo Esperienziale), sta promuovendo una serie di esperienze da vivere nei vari territori della nocciola”.

Le regioni vocate, nelle quali si stanno promuovendo queste iniziative sono Campania, Calabria, Piemonte, Umbria, Lazio, Liguria e Sicilia. 

“Nel campo della nocciola – ha spiegato ancora D’Acunto – l’esperienza è un’avventura, un’impresa costruita su un telaio narrativo, secondo un modello definito ‘Storyliving experience’. Questo modello aiuta il turista ad emozionarsi, ad entrare nella ‘trance narrativa’, come quando i bambini giocano con la propria immaginazione”

Quando una persona compra un’esperienza nei territori della nocciola, secondo D’Acunto, paga per trascorrere del tempo a gustare una serie di eventi memorabili, messi in scena da un’impresa, come se si trattasse di una rappresentazione teatrale, e per farsi coinvolgere dal punto di vista emotivo, fisico e spirituale. “Il turista è chiamato ad interpretare un ruolo – ha affermato – a vivere una trama da protagonista all’interno di un intreccio narrativo, dove il territorio diventa palcoscenico”.

In Italia solo da pochi anni il turismo esperienziale è stato professionalizzato e con l’avvento dei social network si è definitivamente affermato. “Dieci anni fa – ha raccontato D’Acunto – con il progetto Artès è nato il disciplinare Storyliving experience. Nel 2022 sono nati i primi prodotti esperienziali nei territori della nocciola ed altri sono in fase di allestimento”.

L’obiettivo è quello di avere nel 2022 almeno tre esperienze da vivere nei territori della nocciola, negli areali di produzione della Nocciola di Giffoni Igp, della Nocciola Romana Dop e della Nocciola Francescana, ossia di Bevagna, in Umbria. Nel frattempo sono in programmazione nuovi storyliving esperienziali in Calabria, in Sicilia, in Piemonte ed in Liguria. Il 2023 vedrà ampliarsi ulteriormente l’offerta esperienziale, con la creazione del Club di produzione Nocciola Experience, dal Piemonte alla Sicilia. 

D’Acunto ha speso parole di grande apprezzamento per la nocciola biologica calabrese. “È importante sottolineare la particolarità e la qualità della Tonda bio di Calabria – ha detto – e specificare che si tratta di un prodotto che ha una forte carica innovativa. Ed è fondamentale riconoscere la bontà del lavoro svolto del Consorzio per la tutela e la valorizzazione, delle organizzazioni e dei produttori. Un lavoro esemplare, non solo per quello che si è riusciti a fare in poco tempo, non avendo la nocciola in Calabria una storia millenaria né centenaria, ma solo decennale, ma anche per i grandi risultati già raggiunti, anche con il ruolo determinante dei Sindaci di Cardinale e Torre di Ruggiero. L’intraprendenza del presidente del Consorzio Giuseppe Rotiroti – ha aggiunto – del suo gruppo di lavoro e degli organismi che si stanno impegnando nella valorizzazione della nocciola calabrese, deve essere affiancato ora da una maggiore rapidità, per stare al passo con i mercati, dalle giuste leve di marketing, da un’efficace comunicazione, da un brand forte e da una rete di distribuzione che vada anche oltre i confini nazionali. Anche la scelta di non soccombere alla Ferrero e di optare per la trasformazione in loco –  ha concluso – dimostra che in Calabria si è sulla strada giusta per innescare nuovi processi economici e dare valore aggiunto ai territori di origine della nocciola, che già di per sé sono posti unici che hanno molto da raccontare e regalare ai visitatori”.


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L’iniziativa è finanziata dal Psr Calabria 2014/2023, attraverso la misura 3, intervento 3.2.1 Aiuti ad attività di informazione e promozione implementate da gruppi di produttori sui mercati interni.

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