In questi ultimi anni è letteralmente scoppiata la «peperoncino mania»; scopriamo perché sono piccanti e cosa fare se si esagera con la quantità e la bocca si infiamma
Il peperoncino come lo conosciamo in cucina è piccante perché, in natura, le specie del genere Capsicum hanno così (brillantemente) risolto il problema della difesa dei semi senza limitarne la diffusione a opera degli animali. La difesa, di fatto, è attuata dalla capsaicina, la sostanza che oltre a dare la piccantezza ai frutti protegge i semi da funghi e batteri. Ad essa gli uccelli sono insensibili e, in qualità di maggiori diffusori di semi, li portano anche a grandi distanze senza alterarne la germinabilità durante la digestione. Al contrario i piccoli roditori, che non disperdono in modo ottimale i semi, non gradiscono i peperoncini; cosa che non si può dire per l’uomo che sempre più ne ha apprezzato gli effetti e anche le reazioni fisiologiche.
Mescolato alle pietanza o assaggiato direttamente fresco, la passione per il piccante può facilmente far esagerare con le quantità. Se vi ritroverete con la bocca in fiamme, l’antidoto migliore è rappresentato dai formaggi e dal latte (la caseina inibisce l’azione della capsaicina), ma anche l’alcol funziona (birra o vino, senza esagerare); in mancanza di altro, anche il pane aiuta. Da evitare invece l’acqua: la capsaicina non è, infatti, solubile in acqua e l’effetto è solo quello di diffondere il piccante in tutta la bocca.