La risposta della redazione.
La mancata formazione degli spicchi (bulbilli) dell’aglio può dipendere dal fatto che le piante hanno fruito di un periodo di vegetazione troppo breve, dall’impianto alla raccolta, per poter sviluppare il bulbo in modo completo. Quando i freddi invernali si prolungano (con nevicate a metà marzo pure in Pianura Padana) e le operazioni d’impianto, probabilmente anche nella zona del lettore, vengono rinviate, ne consegue un
accorciamento del periodo utile per la vegetazione dell’aglio che ha un ciclo colturale piuttosto lungo (fino a oltre 8 mesi).
In ogni caso
perché l’aglio produca regolarmente i bulbi, bisogna che i bulbilli da cui si originano siano rimasti circa due mesi a temperature inferiori a 10 °C (anche in magazzino), che le giornate siano lunghe (come sono quelle di primavera) e che le piantine abbiano formato 10-12 foglie. Impianti eseguiti troppo in ritardo probabilmente non raggiungono queste condizioni per la crescita e quindi si sviluppa un solo bulbo, magari di notevoli dimensioni ma non suddiviso in bulbilli. Questi bulbi sono ugualmente commestibili e si possono quindi tranquillamente utilizzare. Va ricordato che il periodo migliore per la messa a dimora dei bulbilli, anche in Pianura Padana, è attorno a metà ottobre. Impianti di fine inverno sono meno consigliabili perché i bulbi hanno meno tempo per svilupparsi. Nella zona del lettore, che si trova un po’ sopra i 600 metri di quota, bisognerebbe provare se è possibile l’impianto autunnale tenendo presente che l’aglio resiste bene al freddo fino a circa – 15 °C.