La carota si presta a essere coltivata in tutto il nostro Paese, dalla Pianura Padana ai climi di molte zone sia del Centro che del Sud, isole comprese; riesce egregiamente anche negli orti di montagna, sino ai 1.000-1.200 metri di altitudine. Richiede, però, un terreno adatto e ben lavorato
La carota predilige terreni sciolti e di medio impasto, dotati di sostanza organica ben decomposta e privi di ristagni d’acqua, a reazione (pH) compresa tra 6 e 7 (cioè da leggermente acida a neutra). Quelli pesanti (cioè difficili da lavorare) sono invece meno adatti, perché rendono difficoltosa la crescita delle radici, anche se il prodotto che se ne ricava è accettabile dal punto di vista gustativo. Sono invece da evitare i suoli sassosi, perché le radici sono ostacolate nel loro normale sviluppo. È opportuno non seminare la carota per due anni di seguito nella stessa aiola, né coltivarla nello stesso terreno dopo piante che appartengono alla sua stessa famiglia botanica, le Ombrellifere (o Apiacee), come per esempio finocchio, sedano e prezzemolo.
Durante la vangatura, che va eseguita sino a una profondità di 25-30 cm, non bisogna interrare letame, in quanto la presenza di grumi non ben decomposti causa la deformazione delle carote. Lavorate quindi aiole che precedentemente hanno ospitato colture letamate in abbondanza, come per esempio pomodoro, melanzana e zucchino. Nel caso il suolo dell’orto sia molto povero, prima della semina interrate perfosfato minerale-19 (30-40 grammi al metro quadrato), solfato di potassio-50 (25-30 grammi al metro quadrato) e solfato ammonico-20 (10-12 grammi al metro quadrato). La semina della carota in pieno campo inizia a febbraio nelle regioni del Centro-Sud e dalla seconda metà dello stesso mese in quelle del Nord.