Buona pascolatrice, rustica e frugale, sfrutta bene l’allevamento all'aperto richiedendo la stabulazione solo in inverno. Produce latte, destinato per lo più alla caseificazione, e carne
Nota un tempo come «razzetta di Oropa», questa bovina sembra derivare dal bestiame pezzato del Nord Europa introdotto in Italia nel V secolo. Per altri la razza deriverebbe da incroci tra la Piemontese e la Valdostana, come testimoniano le varianti a mantello pezzato nero. Attualmente la zona di diffusione è limitata alla provincia di Biella, in particolare nelle valli Elvo e Cervo. Dal 1985 la razza è iscritta nel Registro anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e dei gruppi etnici a limitata diffusione.
Caratteristiche e finalità dell’allevamento
Buona pascolatrice, adattabile a difficili condizioni climatiche, presenta un mantello pezzato rosso con margini frastagliati variabile dall’arancione al rosso carico; le pezzature hanno sempre contorni netti. La testa, il ventre, il fiocco della coda e le estremità degli arti sono bianchi. L’altezza al garrese è di 125-130 cm. Il peso varia da circa 500 kg (femmine) a 700 kg (maschi). È una razza con buone attitudini alla produzione di latte e carne. Il sistema classico di allevamento è quello che sfrutta l’alpeggio durante l’estate e la stabulazione nel periodo invernale. L’alimentazione invernale è a base di fieno con poche integrazioni di mangime.
Cosa fare per salvarla
La salvaguardia della razza passa attraverso la promozione dei suoi prodotti, in particolare del formaggio Toma. Fondamentale è il mantenimento della tipicità di razza, che potrebbe perdersi con progressivi incroci, mentre occorre preservare le sue caratteristiche di frugalità.